Meno foto e video con il cellulare: te lo chiede il cervello di tuo figlio
By adminreal On · Add Comment · In Articoli, IT

Un aspetto importante da prendere in considerazione è che questa tendenza a immortalare un evento con il proprio telefonino non succede solo ai grandi concerti o eventi sportivi, ma avviene anche alla partita di calcio, al saggio di danza o di chitarra di bambini piccoli. C’èuna profonda differenza tra Bruce Springsteen e nostro figlio: il primo ha una solida autostima e una buona regolazione delle emozioni, il secondo le sta costruendo. Non solo, per Bruce Springsteen siamo una delle tante persone del pubblico, per nostro figlio siamo un (o meglio “il”) punto di riferimento.
Che cosa succede


È come se l’amigdala volesse rispondere a domande emotive profonde come: ho bisogno di te, ci sei? Sei orgoglioso di me? Non so se ce la faccio, tu cosa dici? Ci spiega Sara Achilli, responsabile del Master Bambini Speciali di Real Way of Life.
L’effetto smartphone

Vedere il volto delle persone amate equivale a dare una risposta alle domande a cui l’amigdala cerca risposta. Questo ha un effetto immediato, a seconda dei riscontri, calmante o ansiogeno e, nel lungo periodo, posa le basi di autostima, sicurezza, immagine di sé, ecc.
Qualcuno potrebbe obiettare che un telefono non copre tutto il volto, ma bisogna sapere che ci sono diversi sottogruppi specifici di neuroni delle amigdale che si occupano del volto intero e altri che si occupano delle sotto-aree del volto: basta che solo quelli che si occupano nello specifico di stabilire un contatto visivo e “leggere lo sguardo” non facciano il loro lavoro per avere risposte emotive e relazionali inadeguate.
Per completezza di informazione è importante considerare anchecome la postura venga alterata dal tenere in mano il telefono o tablet. Quindi anche un altro importante aspetto della comunicazione non verbale per avere informazioni da un altra persona non fornisce indicazioni utili in questa situazione. La postura rassicurante a livello percettivo ancestrale prevede, tra gli altri aspetti: petto aperto, spalle rilassate, braccia e mani extra-ruotati, tutti elementi che non possono essere mostrati nell’atto di alzare un telefono per fotografare.
Gli effetti

Il fatto che il primo processo di valutazione che effettua l’amigdala sia per via rapida e inconscia significa che successivamente sarà anche più difficile cambiare i ricordi memorizzati in questo modo con le parole e con il pensiero logico.
Non trovare risposta a queste richieste emotive e relazionali primari agisce, come abbiamo visto, nel breve e nel lungo periodo, ma non solo. Non trovare la risposta che si cerca a un riflesso primario porta senso di frustrazione impotenza, questo crea rabbia verso chi è alla base di queste limitazioni, quindi creando rancore verso i genitori e rinforzando l’idea di non poter contare su di loro
In casi estremi in cui i bambini vivono solo esperienze di scarso contatto con il volto delle figure di cura nei primi tre anni di vita, non sviluppano del tutto la capacità di leggere i segnali non verbali altrui.
Allargare la prospettiva e considerazioni pratiche
Ovviamente questo articolo non vuole essere un invito a non fare più fotografie. Gli estremismi sono sempre privi di senso e ci fanno rinunciare anche ai lati positivi, come quelli di poter guardare una fotografia a giorni di distanza o di condividere un video con il genitore che non è potuto essere presente per validi motivi. La fotografia può essere un grande strumento di oggettività per guardarsi da un punto di vista diverso, ma anche colludere con richieste narcisistiche, può essere una dimostrazione di interesse o un trofeo “social” da esibire, e così via. Insomma sappiamo bene che il tema è ampio e può essere usato in modo costruttivo (tanto che usiamo le fotografie e i video tra gli strumenti dei nostri corsi) o meno. Lo scopo di questo articolo è di sensibilizzare ai possibili effetti di un certo modo di usare le fotografie e di considerarne l’uso in situazioni molto stressanti e con bambini che non hanno ancora consolidato certe abilità emotive o sicurezze interne.
Proprio in quest’ottica desideriamo porre l’attenzione sugli aspetti quantitativi e qualitativi di questo tipo di fenomeni.
Spesso non ci facciamo caso ma una situazione simile a quella descritta per le foto al saggio di danza si manifesta quando il bambino ci parla e noi guardiamo la televisione, il computer o rispondiamo a un sms senza guardarlo in faccia. Viceversa il bambino che guarda un cartone animato, che è costruito per essere una calamita per la sua attenzione, non ci guarda mentre parliamo e non trova un riscontro tra la nostra voce e il nostro non verbale.

Dal punto di vista quantitativo è quindi importante avere consapevolezza di quanto spesso diamo questo tipo di messaggi e ridurne le occorrenze.
Prestando invece attenzione alla qualità della relazione possiamo domandarci se quello è un giorno speciali per quel bambino. È una delle sue prime partite o gioca da 10 anni? Quanto si è preparato per quella partita? Cosa c’è in gioco? Solo la vittoria il suo valore personale? La voglia di distinguersi dal fratello o di assomigliare al papà?
Allargando ulteriormente le prospettive consideriamo che siamo partiti dal caso delle fotografie ai bambini, ma il discorso non è molto diverso per un ragazzo che si laurea (che cercherà il volto di un genitore, della fidanzata o dell’amico fidato) o per un adulto al suo primo public speaking importante (che cercherà nel pubblico amici o colleghi con cui ha un rapporto di fiducia).

A volte le soluzioni più efficaci sono le più semplici: un’indicazione pratica per salvare il contatto visivo ma avere delle foto-ricordo è quella di trattenersi dal fare fotografie all’inizio di una performance, quando la tensione è più alta e la concentrazione minore. Superato questo momento, in cui più probabilmente il bambino cercherà supporto nel nostro volto, potremo dedicarci alle fotografie, tenendoci pronti a togliere di mezzo il cellulare se percepiamo un momento di tensione o difficoltà crescente.